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A proposito di pregorexia

Image ©: Zeshdo

La pregorexia, termine che deriva dalla fusione delle parole anglosassoni “pregnancy” (gravidanza) e “anorexia” (anoressia), è un disturbo alimentare che colpisce alcune donne durante la gravidanza. Questo fenomeno, seppur poco comune, sta attirando la nostra attenzione per le gravi implicazioni che comporta sia per la madre che per il bambino, dato che ne abbiamo seguiti alcuni casi nel corso dell’ anno.

In pratica, la pregorexia si manifesta con una preoccupazione ossessiva per il peso e la forma del corpo durante la gravidanza. Le donne che ne soffrono tendono a limitare drasticamente l’assunzione di cibo, a esercitarsi in modo eccessivo, e a evitare di aumentare di peso in modo appropriato. Tutto ciò avviene nonostante la gravidanza richieda un aumento di peso controllato per garantire lo sviluppo del feto e il benessere della madre.

Le cause della pregorexia sono multifattoriali. Alcune donne possono sviluppare questo disturbo a causa di pressioni sociali e culturali che enfatizzano l’importanza della magrezza anche durante la gravidanza. I social media, in particolare, giocano un ruolo significativo, mostrando immagini di celebrità e influencer che sembrano mantenere corpi magri durante e dopo la gravidanza. Una storia pregressa di disturbi alimentari non risolti può aumentare anch’essa il rischio di sviluppare la pregorexia.

Le conseguenze per la salute sono potenzialmente devastanti. Per la madre, il rischio include malnutrizione, debolezza muscolare, perdita di densità ossea e complicazioni durante il parto. Per il feto, invece, possono verificarsi problemi di crescita, basso peso alla nascita, parto prematuro e problemi cognitivi o di sviluppo a lungo termine.

Riconoscere e affrontare la pregorexia è fondamentale. I medici, le ostetriche e i professionisti della salute mentale devono prestare attenzione ai segnali di questo disturbo, che possono includere un’insufficiente crescita del peso durante la gravidanza, commenti ossessivi sul proprio corpo o comportamenti alimentari restrittivi.

Il trattamento della pregorexia richiede, come per gli altri DCA, un approccio multidisciplinare che dovrebbe includere consulenze nutrizionali, supporto psicologico e terapia cognitivo-comportamentale. Non si tratta però di un percorso facile che dovrà necessariamente essere esteso anche al post-partum e ai primi anni di vita del neonato.

La gravidanza è un periodo unico nella vita di una donna, durante il quale il corpo si adatta per creare una nuova vita. È fondamentale ricordare che prendersi cura del proprio corpo in questo periodo non significa solo nutrire se stessi, ma anche il proprio bambino. La salute e il benessere devono essere sempre la priorità, superando l’ossessione per standard estetici irrealistici. Passate parola!

Horses & Butterflies

Image ©: Wikipedia

Gli Interventi Assistiti con gli Animali (IAA) rappresentano un approccio innovativo di supporto alla riabilitazione psichiatrica e ai disturbi del neurosviluppo, potendo potenzialmente incidere su molteplici domini funzionali, che vanno dall’espressione delle emozioni alle abilità motorie.

Coniugando gli effetti benefici della relazione emozionale instaurata con il cavallo con la stimolazione motoria ritmica, nell’ambito del Progetto pilota Horses & Butterflies, è stato sviluppato un protocollo di riabilitazione equestre, basato sul volteggio equestre, per contrastare l’anoressia nervosa, che rappresenta uno tra i più frequenti disturbi del comportamento alimentare dell’età adolescenziale.

Horses&Butterflies è un progetto pilota che si colloca nell’ambito del più ampio Progetto europeo Sphere, realizzata in collaborazione con il Centro per i Disturbi Alimentari di Umbertide (PG), su iniziativa del Comitato Regionale Federazione Italiana Sport Equestri (FISE) Umbria.

Il Progetto Horses&Butterflies ha coinvolto sette ragazze con diagnosi di anoressia nervosa (quattro per il gruppo di controllo e tre per il gruppo che ha praticato il volteggio equestre), arruolate presso il Centro DCA di Umbertide (PG) diretto da Laura Dalla Ragione. Ogni seduta era composta di quattro fasi: approccio al cavallo e pulizia dell’animale (grooming), sensibilizzazione corporea (esercizi di respirazione, orientamento e conduzione a mano del cavallo), lavoro a cavallo e pulizia finale del cavallo.

Tra i risultati ottenuti si è osservato un aumento della massa grassa e una riduzione del peso della massa magra, nonché una migliore gestione dell’ansia e un aumento della socievolezza delle pazienti. Tali risultati, sia pur preliminari, indicano come la pratica del volteggio equestre possa essere utilizzata efficacemente nel caso di disturbi del comportamento alimentare a complemento di una presa in carico globale della persona.

 

La sindrome da rialimentazione

Image ©: GI Society

La sindrome da rialimentazione (refeeding syndrome per gli autori anglosassoni) rappresenta la complicazione più grave – talvolta mortale – che può verificarsi durante la rialimentazione di pazienti gravemente malnutriti (o che digiunano da almeno 7-10 giorni) e il cui metabolismo si è ormai adattato all’utilizzo degli acidi grassi e dei corpi chetonici per la produzione di energia.

Questo problema riguarda molti tipi di malattie – tra le quali anche l’Anoressia Nervosa (AN) – allorchè i pazienti vengono ricoverati in ospedale in stato di grave sottopeso e sottoposti ad un programma di nutrizione intensiva troppo aggressivo. Il disturbo insorge solitamente entro i primi due o tre giorni della rialimentazione e consegue a una serie di anomalie metaboliche che derivano dalle alterazioni idro-elettrolitiche scatenate dall’aumento di nutrienti assorbiti dalle cellule del paziente (grazie alla rinnovata stimolazione insulinica) le quali richiamano al loro interno una serie di minerali sottraendoli al circolo sanguigno.

Queste alterazioni, che coinvolgono i livelli sierici di fosfati, magnesio e potassio, scatenano anomalie a livello neurologico, cardiovascolare, polmonare, neuromuscolare ed ematologico talmente gravi che, se non viene riconosciuta e adeguatamente trattata nel più breve tempo possibile, la sindrome da rialimentazione può portare alla morte del paziente.

La terapia è innanzitutto preventiva, e consiste nell’aumentare progressivamente il carico calorico e nutrizionale nel corso della rialimentazione, misurando continuamente i livelli plasmatici di glicemia, trigliceridi, elettroliti e bicarbonati e supplementando il paziente con complessi vitaminici e minerali. A partire dal settimo giorno di rialimentazione il rischio di sviluppare una sindrome da rialimentazione si abbassa repentinamente fino ad azzerarsi.

Questo è il motivo per cui, quando una paziente con grave stato di denutrizione viene ricoverata in ospedale, nel corso delle prime settimane di degenza viene solitamente accolta in un reparto di medicina o di nutrizione clinica anzichè in psichiatria. E questo è anche il motivo per cui, quando è presente una grave malnutrizione la rialimentazione andrebbe sempre condotta in ambiente ospedaliero.

Anoressia: l’impatto della mindfulness

Image ©: ha11ok_Pixabay

La meditazione mindfulness è già da tempo un metodo riconosciuto a livello mondiale per affrontare l’Anoressia Nervosa. La sua efficacia nel trattamento clinico della cachessia neurogena (gli stati più gravi di dimagrimento presenti in alcune pazienti affette da AN), tuttavia, non mai era stata studiata fino ad oggi.

Uno studio condotto presso la Kyoto University’s Graduate School of Medicine ha dimostrato che la meditazione mindfulness riduce effettivamente l’ansia associata al peso. I risultati ottenuti mostrano infatti cambiamenti nell’attività delle regioni cerebrali coinvolte nell’ansia. Il programma di meditazione mindfulness proposto nel corso dello studio ha visto una diminuzione significativa dei pensieri ossessivi sull’immagine di sé dei soggetti del test e dell’attività cerebrale associata alle emozioni correlate.

Mindfulness e meditazione vanno di pari passo. La prima insegna ai praticanti ad affinare la consapevolezza dell’esperienza presente e la capacità di non giudicare e accettare le circostanze. La seconda è il mezzo con cui ci si può avvicinare alla mindfulness. “Ci siamo concentrati sulla possibilità che i pazienti con AN cerchino di evitare l’ansia paralizzante per l’aumento di peso e l’immagine di sé limitando il cibo o vomitando”, aggiunge il coautore Masanori Isobe.

Un programma di intervento mindfulness di 4 settimane ha esaminato i cambiamenti neurali utilizzando compiti progettati per indurre l’ansia legata al peso in 22 pazienti. I ricercatori hanno poi regolato l’ansia aiutando i pazienti ad accettare le situazioni e le esperienze attuali al loro valore nominale, invece di evitarle.

I ricercatori hanno utilizzato la risonanza magnetica funzionale (o fMRI) per analizzare la regolazione dell’attenzione in relazione ai disturbi alimentari. I risultati dello studio hanno confermato le impressioni dei ricercatori, nonostante diversi eventi, come la pandemia di Covid-19 e la guerra russo-ucraina, siano stati evidenziati come fattori significativi di aggravamento per le ansie dei pazienti.

 

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