Microbioma e metabolismo
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Il secolo della meta-genomica è cominciato e da oggi niente sarà più come prima. Dopo aver passato gli ultimi tre anni a condurre ricerche sui rapporti tra cibo, salute e malattia, e aver conseguito un dottorato in Scienza della Nutrizione all’Università Politecnica delle Marche di Ancona sono nuovamente qui a raccontarvi quello che è cambiato nel mondo dei disturbi alimentari. E le novità sono tante.
Già, perchè molte cose non sono più le stesse e questo è merito della scoperta del microbioma umano, ovvero di quel secondo genoma che proviene dai batteri che risiedono nell’intestino umano. Oggi sappiamo che l’uomo deve il suo stato di salute (o viceversa di malattia) alla compresenza e all’equilibrio di due diversi corredi genetici: il primo di natura umana (quello che tutti abbiamo sempre essere ritenuto essere la nostra “genetica”) ed il secondo di natura batterica (che rappresenta tutti i geni che vengono espressi dalla flora batterica che vive in simbiosi con il nostro organismo).
Per anni si è ritenuto che quando si parlava di predisposizione genetica il discorso riguardasse esclusivamente il genoma umano (ovvero i geni che sono impressi nei nostri cromosomi). Per molte malattie umane, questo si risolveva spesso in una condanna senza appello dato che, per definizione, la genetica umana è fissa ed immutabile. Da meno di dieci anni si è però scoperto che, quando si parla di predisposizione alla salute o alle malattie dal punto di vista metabolico, i geni umani contano solo per circa il 3%. La genetica batterica è infatti molto più importante di quella umana nel controllo di gestione delle risorse energetiche.
Cosa significa questo in pratica? Che la genetica umana controlla il colore degli occhi (che non può essere modificato), mentre la genetica batterica controlla la quantità di calorie che l’intestino è in grado di assumere dal cibo, e decide pertanto la velocità del metabolismo. Ma questa scoperta, che fino a pochi anni or sono era fanta-scienza, cambia radicalmente tutto ciò che credevamo di sapere sullo sviluppo dell’obesità (tanto per fare un esempio).
Oggi siamo in grado di prevedere la flora batterica intestinale di un individuo sulla base del suo BMI, perchè si è visto che tra i due vi è una concordanza perfetta. E siamo anche in grado di modificare l’uno sulla base dell’altra; una cosa impensabile fino a pochi anni fa. Anzi, sappiamo anche che è possibile modificare la flora batterica semplicemente intervenendo in maniera radicale sulla dieta di un individuo e cambiando così la velocità del suo metabolismo. E sappiamo che questo può essere fatto in soli tre giorni.
Sappiamo inoltre che il microbioma controlla la produzione del BDNF, un fattore neuotrofico stimolante che è implicato nelle sensazioni di fame e sazietà e che è correlato allo sviluppo di comportamenti di binge eating e bulimia. Ma questo significa anche che deve esistere un microbioma tipico della bulima e che pertanto questo può essere modificabile (è una rivoluzione!). E dato che si è visto che è possibile curare alcuni casi di autismo semplicemente modificando la flora batterica intestinale, oggi sappiamo che anche le cosiddette malattie nervose possono dipendere dal genoma batterico.
Insomma, le novità non sono poche e prevedo che nel giro di altri cinque anni, a queste se ne aggiungeranno molte altre che modificheranno radicalmente il modo in cui oggi trattiamo i disturbi del comportamento alimentare.