I segnali di disregolazione alimentare nei bambini
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Oggi parliamo di disregolazione alimentare nei bambini, una problematica abbastanza frequente e sulla quale molti lettori mi hanno chiesto chiarimenti.
Quando pensiamo ai disturbi alimentari, infatti, ci vengono in mente adolescenti o giovani adulti. Raramente pensiamo sia possibile che i primi segnali possano comparire già nei primi mesi di vita. Eppure, recenti studi di matrice sia psicodinamica che neurobiologica mostrano che le radici dei disturbi alimentari possono affondare nella primissima infanzia, ancor prima che il bambino parli o sviluppi una coscienza piena del proprio corpo.
Nel neonato, il cibo non è solo nutrizione: è relazione, contenimento, sicurezza. L’allattamento, che sia al seno o con biberon, è uno degli strumenti primari con cui il bambino sperimenta il mondo. Ogni poppata è un momento di connessione profonda con la figura di attaccamento.
Se questa relazione viene vissuta con ansia, ipercontrollo o discontinuità, il bambino può iniziare a mostrare comportamenti disorganizzati collegati all’atto del nutrirsi: rifiuto del seno, suzione irregolare, vomito funzionale o estrema passività durante l’alimentazione.
Alcuni comportamenti possono rappresentare campanelli d’allarme:
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Rifiuto costante del cibo nonostante la fame
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Pianto inconsolabile durante le poppate
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Rigetto violento o vomito senza causa organica
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Tensione corporea o irrigidimento quando si avvicina il biberon o il seno
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Passività eccessiva: il bambino non richiede mai cibo
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Reazioni fortemente ambivalenti: cerca il cibo ma lo rifiuta subito dopo
Spesso, questi segnali vengono attribuiti a coliche, dentizione o “una fase difficile”, ma quando persistono meritano un’osservazione più approfondita, specialmente se coesistono con difficoltà relazionali tra genitore e bambino.
Il sistema nervoso del neonato è in pieno sviluppo, e la regolazione delle emozioni avviene in gran parte attraverso la relazione con il caregiver. Il nutrirsi, in questo senso, diventa una forma di regolazione affettiva.
Diversi studi hanno evidenziato come un attaccamento disorganizzato nei primi mesi di vita possa predire future difficoltà alimentari e comportamenti auto-regolativi disfunzionali.
Quando si parla delle cause di diregolazione alimentare nei bambini non si tratta mai di “colpa” del genitore, ma di dinamiche inconsapevoli che si attivano nelle relazioni precoci. Depressione post-partum, stress cronico, difficoltà nel sintonizzarsi emotivamente con il bambino, possono alterare il clima relazionale durante l’alimentazione.
Questo spiega perché un intervento precoce – come la consulenza di un neuropsichiatra infantile, di un terapeuta dell’età evolutiva o di un consulente dell’allattamento – può interrompere sul nascere un ciclo di disregolazione che potrebbe sfociare in disturbi alimentari successivi.
Il concetto è che i disturbi alimentari non iniziano a tavola, ma molto tempo prima, nel momento in cui il bambino impara a sentire, comunicare e ricevere cura. Prestare attenzione ai segnali precoci non significa patologizzare ogni difficoltà, ma offrire uno sguardo più ampio e preventivo.
Riconoscere il disagio nella sua fase embrionale è un atto di cura, non di allarmismo. Perché talvolta, per capire l’origine del rifiuto del cibo, bisogna ascoltare ciò che ancora non è stato detto.