In questa sezione trovi articoli informativi e aggiornati sui principali disturbi alimentari, come anoressia, bulimia, binge eating e altri comportamenti disfunzionali legati al rapporto con il cibo. Approfondimenti, sintomi, cause e percorsi terapeutici per comprendere e affrontare questi disturbi in modo consapevole. Risorse utili per chi soffre di disturbi del comportamento alimentare o per chi vuole aiutare una persona cara.

disturbi alimentari

Nove verità sui disturbi alimentari

Image ©: Geralt

I disturbi alimentari non sono una questione di vanità o di semplice forza di volontà. Sono condizioni complesse, radicate in un intreccio di fattori biologici, psicologici e sociali. Eppure, nonostante la crescente consapevolezza, molti miti continuano a oscurare la realtà. Oggi voglio raccontarti nove verità sui disturbi alimentari che troppo spesso vengono ignorate.

  1. Non si tratta solo di cibo.
    Dietro l’ossessione per il peso o le calorie si nasconde qualcosa di più profondo: ansia, bisogno di controllo, bassa autostima, dolore emotivo. Il cibo diventa solo lo strumento attraverso cui si esprimono queste fragilità. E non si tratta di scelte, ma di malattie con seri substrati biologici.

  2. Possono colpire chiunque.
    Donne, uomini, adolescenti, adulti, persone di ogni etnia e background: i disturbi alimentari non hanno un volto unico. Pensare che riguardino solo giovani ragazze di livello socioeconomico medio-alto è riduttivo e pericoloso.

  3. Non è necessario essere sottopeso per avere un disturbo alimentare.
    L’immagine dell’anoressia come sinonimo di magrezza estrema è solo una parte della realtà. Molti disturbi, come la bulimia o il binge eating, possono manifestarsi in persone di peso normale o superiore. Il peso non racconta mai tutta la storia.

  4. Sono tra le malattie psichiatriche più letali.
    L’anoressia nervosa ha uno dei più alti tassi di mortalità tra i disturbi mentali, sia per complicanze fisiche che per suicidio. Questo dato ci ricorda l’urgenza di trattarli come problemi seri, non come capricci adolescenziali.

  5. Geni e ambiente giocano entrambi un ruolo importante nello sviluppo di queste malattie.
    La cosiddetta predisposizione genetica da sola non basta a predire chi svilupperà o meno il disturbo. Inoltre molti casi di DCA sono sporadici in quanto non vi sono altri membri della famiglia che hanno mai sofferto di un disturbo similare. Gli studi sui gemelli hanno dimostrato che a parità di genetica le influenze ambientali fanno la differenza nello sviluppare o meno una patologia, e, viceversa, si è visto che a parità di sollecitazioni ambientali soltanto una minoranza degli individui esposti svilupperà dei sintomi.

  6. I social media possono essere un’arma a doppio taglio.
    Se da un lato esistono community di supporto e sensibilizzazione, dall’altro le immagini idealizzate, i “body check” e le mode alimentari estreme propagandate da sedicenti influencers possono alimentare insicurezze e comportamenti disfunzionali. La consapevolezza digitale è fondamentale.

  7. Non sempre si vede dall’esterno.
    Molte persone convivono con un disturbo alimentare senza che il loro corpo rifletta i segni visibili. Un sorriso, un’apparente normalità, possono nascondere una sofferenza invisibile. Non sottovalutiamo mai chi ci sta accanto.

  8. Le famiglie non sono da incolpare, ma da coinvolgere.
    Spesso si tende a puntare il dito contro i genitori o l’ambiente familiare. Sebbene i contesti relazionali abbiano un ruolo, i disturbi alimentari sono multifattoriali. Coinvolgere la famiglia nel percorso di cura è una risorsa preziosa, non una colpa.

  9. La guarigione è possibile, ma non è lineare.
    Chi è sulla strada del recupero può inciampare, ricadere, riprendere fiato e rialzarsi. È un viaggio fatto di alti e bassi, che merita rispetto, pazienza e incoraggiamento. La speranza non è mai vana.

I disturbi alimentari parlano di dolore, ma anche di una profonda richiesta d’aiuto. Ascoltare, comprendere, informarsi sono i primi passi per abbattere lo stigma e aprire la strada al sostegno. Se tu o qualcuno che conosci sta lottando, sappi che chiedere aiuto è un atto di forza, non di debolezza. Queste nove verità derivano da ciò che si è scoperto in decenni di studio su queste patologie e sono da considerarsi informazioni basate sulle evidenze. Diffondile tra le persone che ti sono care.

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Zolpidem e abbuffate notturne

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I disturbi alimentari sono spesso associati alla luce del giorno, ai pasti saltati o alle abbuffate nascoste. Ma esiste una realtà ancora poco conosciuta che si consuma nel silenzio della notte: il night eating, ovvero le abbuffate notturne. E, quando questo fenomeno si intreccia con l’uso di farmaci come lo zolpidem, i rischi aumentano esponenzialmente.

Lo zolpidem è uno dei sonniferi più prescritti al mondo. Utilizzato per combattere l’insonnia, agisce rapidamente inducendo il sonno, ma può avere effetti collaterali inquietanti, specialmente se usato a lungo termine o senza il controllo medico adeguato. Tra questi effetti, il più allarmante è il comportamento automatico notturno: camminare, abbuffarsi, e perfino guidare mentre si è in uno stato di semi-incoscienza. In particolare, il legame tra zolpidem e abbuffate notturne è poco conosciuto in Italia.

Nel caso delle abbuffate notturne, infatti, il confine tra bisogno fisiologico e comportamento patologico si fa più sfumato. Le persone che soffrono di Night Eating Syndrome (NES) avvertono un impulso incontrollabile a mangiare durante la notte, spesso senza nemmeno rendersene conto. Quando questa sindrome è scatenata dall’assunzione di zolpidem, la situazione si complica: la persona può consumare grandi quantità di cibo in stato di amnesia, svegliandosi il giorno dopo senza averne alcun ricordo, solo con tracce evidenti — confezioni vuote, cucina in disordine, o sensazioni di nausea e vergogna. Il rischio aumenta nel sesso femminile, quando allo zolpidem si associano altri psicofarmaci quali antidepressivi o alcuni neurolettici e quando viene assunto a dosaggi superiori a 10 mg.

Perché si crea questa combinazione esplosiva? Lo zolpidem altera il ciclo sonno-veglia e riduce le barriere cognitive che normalmente ci impediscono di agire sugli impulsi più automatici. Chi già convive con disturbi del comportamento alimentare o con una fragile regolazione emotiva è particolarmente vulnerabile. Il bisogno emotivo di cibo, normalmente “controllato” durante il giorno, può esplodere senza freni nelle ore notturne, trasformando il sonno in un incubo di cui spesso non si ha memoria.

Le conseguenze? Oltre all’aumento di peso non controllato, chi vive episodi di night eating sotto l’effetto di zolpidem può sviluppare problemi metabolici seri, aggravare la propria autostima già compromessa, e alimentare un ciclo di ansia, colpa e restrizione alimentare diurno. Questo peggiora ulteriormente il disturbo alimentare di base o rischia di scatenarne uno, creando una spirale difficile da interrompere. La situazione è talmente seria che recentemente la FDA statunitense ha emesso una nota specifica a proposito del rischio che la prescrizione di sonniferi possa scatenare disturbi alimentariscatenare disturbi alimentari.

Come intervenire? La prima arma è la consapevolezza. Se ti accorgi di mangiare durante la notte senza ricordarlo, o se noti segnali sospetti, parlane subito con un medico. Non sospendere mai lo zolpidem da sola: l’interruzione brusca può causare sintomi di astinenza severi. È fondamentale costruire un percorso personalizzato che affronti sia l’insonnia che il disturbo alimentare, magari attraverso un mix di terapia cognitivo-comportamentale, interventi nutrizionali mirati e, se necessario, una revisione farmacologica.

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Un segreto per guarire dai disturbi alimentari

disturbi alimentariImage ©: RosZie

Quando è stata l’ultima volta che ti sei congratulata con te stessa?

Pensaci un attimo: quante volte hai aspettato l’approvazione degli altri per sentirti soddisfatta? Quante volte hai nascosto la tua gioia per paura di sembrare presuntuosa? Quante volte hai abbassato il volume della tua felicità per non disturbare chi ti stava accanto? Ecco, è arrivato il momento di cambiare.

Imparare a congratularsi con se stessi è una delle forme più pure di autoguarigione. Quando sei tu la prima a emozionarti per i tuoi risultati, stai dicendo al tuo cuore: “Ti vedo. Riconosco quanto hai faticato. Sono fiera di te”. E questo vale per ogni conquista: una promozione, una scelta difficile presa con coraggio, un giorno in cui sei riuscita ad alzarti dal letto nonostante il peso sul petto.

Non servono medaglie o applausi. Basta uno sguardo sincero e la volontà di riconoscere il proprio valore. Perché la verità è semplice: se non sei tu la prima a credere in te stessa, chi dovrebbe farlo al posto tuo?

Se non celebri tu le tue vittorie, chi potrà mai farlo davvero nel modo giusto? Spesso abbiamo imparato a minimizzare i nostri successi, come se fossero banali o immeritati. Ma ogni passo avanti è una battaglia vinta contro il dubbio, la paura, la stanchezza. Ogni conquista è un segnale che stiamo andando nella direzione giusta. E se impariamo a riconoscerla, quella direzione diventerà più chiara, più forte, più luminosa.

Congratularsi con se stessi è anche un atto rivoluzionario in una società che ci spinge a guardare sempre fuori, a confrontarci, a rincorrere standard esterni. Tu non sei una copia sbiadita di qualcun altro. Sei un essere unico, con il tuo ritmo, i tuoi sogni, le tue ferite e le tue rinascite. Ed è proprio da lì che parte la vera forza: dal riconoscersi, dall’accogliersi, dal valorizzarsi.

Quindi sì, la prossima volta che raggiungi qualcosa – anche se sembra piccola agli occhi del mondo – festeggia. Con un sorriso, con un pensiero, con un gesto che ti dica “ce l’hai fatta”. Non aspettare l’approvazione degli altri per sentirti legittimata a essere fiera di te.

Impara ad applaudire te stessa. Perché ogni applauso interiore è un punto in più sulla strada della guarigione. E tu, te lo meriti davvero.