Intestino, serotonina e fame emotiva: la neurobiologia dimenticata dei DCA
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Voglio parlarvi del rapporto che esiste tra intestino, serotonina e fame emotiva. Quando pensiamo ai disturbi del comportamento alimentare (DCA) – anoressia, bulimia, binge eating – ci viene spontaneo guardare verso lo specchio (ahimè) o, al massimo, verso lo psicologo. Ma pochi sanno che c’è un protagonista silenzioso e viscerale che lavora dietro le quinte: l’intestino. Sì, proprio lui. Quello che chiamiamo simpaticamente “secondo cervello” e che, ironicamente, sembra spesso avere più voce in capitolo del primo.
L’asse intestino-cervello è una vera e propria autostrada bidirezionale fatta di nervi, ormoni, segnali immunitari e… pensieri. In questa trafficata superstrada, il nervo vago è il nostro casello principale: trasporta informazioni dalla pancia al cervello e viceversa. E indovinate un po’? Il traffico è pesante, soprattutto quando si tratta di emozioni e appetito.
Non è un caso se mangiamo quando siamo tristi, annoiati o stressati. O se digiuniamo compulsivamente per avere l’illusione di controllo. Sono strategie emotive, sì, ma hanno un fondamento neurobiologico: la nostra pancia e il nostro cervello chiacchierano in continuazione. E spesso, parlano di cibo.
La serotonina è famosa per essere “l’ormone della felicità”. Ma ecco il colpo di scena: circa il 90% della serotonina del nostro corpo è prodotta… nell’intestino! Altro che cervello.
Questa molecola regola non solo l’umore, ma anche l’appetito, la digestione e il ritmo sonno-veglia. Se la serotonina scarseggia – magari per via di un’infiammazione intestinale o una dieta squilibrata – il risultato può essere un cocktail esplosivo di fame emotiva, ansia e sbalzi di umore. Una combo perfetta per far partire il circolo vizioso dei DCA.
A far girare la ruota di questo circo neurochimico ci pensa il microbiota intestinale: un esercito di batteri (buoni, ma anche meno buoni) che vive nell’intestino e influenza tutto, ma proprio tutto. Compresa la produzione di serotonina.
I nostri batteri intestinali sono dei piccoli biochimici: fermentano fibre, producono acidi grassi a catena corta, modulano l’infiammazione e – sorpresa sorpresa – parlano col cervello. Se il microbiota è in disbiosi, ovvero sbilanciato, può aumentare la vulnerabilità a disturbi come depressione, ansia e, ovviamente, comportamenti alimentari disfunzionali.
La fame emotiva non è un capriccio, né una semplice “mancanza di volontà”. È una risposta neurobiologica a uno squilibrio del sistema di regolazione dell’appetito, spesso legato a emozioni represse, traumi e… squilibri intestinali.
Ecco perché, accanto alla psicoterapia e alla nutrizione, oggi si guarda sempre più alla salute intestinale come chiave per comprendere (e trattare) i DCA. Curare l’intestino, ripristinare un microbiota sano, ridurre l’infiammazione e migliorare la serotonina endogena sono strategie terapeutiche promettenti. E magari, chissà, potremmo iniziare a sentirci meglio… di pancia.
Forse non sarà romantico, ma è scientificamente fondato: il cuore delle emozioni, molto spesso, è la pancia. E se vogliamo davvero capire cosa si cela dietro i disturbi alimentari, dobbiamo smettere di guardare solo la mente e iniziare a dare un’occhiata anche al microbiota. Magari con un po’ di kefir e meno sensi di colpa. Perché, in fondo, siamo quello che mangiamo. Ma anche quello che digeriamo, metabolizziamo… e sentiamo.