Abbuffarsi

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Il BED (Binge Eating Disorder), o DAI (Disturbo da Alimentazione Incontrollata), è stato ufficialmente introdotto nel DSM soltanto nel 2013 con il DSM-5. Ciò nonostante, i primi resoconti di questo tipo di patologia nella letteratura scientifica risalgono al 1932 allorchè venne descritto un quadro clinico caratterizzato dalla compresenza di depressione, binge eating.

Gli attuali criteri per diagnosticare un BED / DAI consistono nella presenza di almeno un episodio di abbuffata settimanale, con ingestione di una grande quantità di cibo, associata a perdita di controllo nell’assunzione degli alimenti, ma senza la presenza di alcuna strategia compensatoria finalizzata alla riduzione del danno (altrimenti si parla di Bulimia Nervosa).

La chiave per la diagnosi è nella “perdita di controllo” caratterizzata dal fatto che l’individuo continua introdurre cibo nonostante di senta già pieno e non senta più il sapore del cibo e, nonostante provi il desiderio di fermarsi, non riesce a farlo. Gli alimenti utilizzati sono solitamente ad elevato tenore calorico e vengono preparati o acquistati in anticipo quasi pregustando l’abbuffata, sebbene poi però il paziente si senta in colpa per questa. Inoltre l’atto dell’abbuffarsi avviene solitamente in segreto.

Le persone che soffrono di BED / DAI sono solitamente in sovrappeso o francamente obese e la gravità della loro obesità si correla direttamente con la gravità del disturbo del comportamento alimentare. Spesso hanno una storia familiare di depressione e obesità e tendono a dare una valutazione negativa di sè stesse. Il problema è frequentemente insorto già prima dell’adolescenza, condizionando negativamente lo sviluppo della personalità. Non a caso il BED / DAI si associa spesso a disturbi della personalità di diverso tipo.

Se consideriamo il fatto che le obesità più gravi sono spesso associate a questo tipo di disturbo del comportamento alimentare, diviene incontestabile l’importanza di considerare sempre la dimensione psicologica dell’individuo obeso. Se infatti ci si limita a trattare un paziente obeso affetto da BED / DAI con un approccio dietetico è altamente probabile che non si otterranno grandi risultati sul suo peso e che si avrà ben presto una serie di insuccessi terapeutici che demotiveranno il paziente dal richiedere ulteriori terapie.

Viceversa, quando viene diagnosticato nelle prime fasi del suo sviluppo, il BED / DAI ha un’ottima prognosi e può essere superato senza grandi difficoltà prima che le sue conseguenze fisiche e psicologiche divengano gravi. Una volta che il disturbo evolve, invece, è spesso necessario affidarsi a centri riabilitativi (peraltro ancora piuttosto rari in Italia) che utilizzano programmi integrati per cercare di invertire le problematiche psicofisiche del paziente.

Se dovessimo sintetizzare queste poche righe, potremmo dire che il BED / DAI è una patologia che può essere vinta facilmente se trattata all’esordio ma che può diventare altamente invalidante se trascurata o affrontata quando ormai le problematiche fisiche e psicologiche si sono ormai strutturate. Quindi, se vi sembra di essere affetti da questo tipo di disturbo, cercate di chiedere aiuto il prima possibile. Vincere questi problemi è assolutamente possibile!

 

DCA Coaching

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Negli ultimi due o tre anni si sente spesso parlare di Coach per i disturbi alimentari; ma che cos’è esattamente un DCA Coach? E cosa bisognerebbe controllare prima di affidare la propria salute a una di queste figure professionali?

Con la crescita della domanda di cure per i disturbi del comportamento alimentare (aumentati esponenzialmente negli anni della pandemia) e data la cronica incapacità dei servizi di salute mentale nel rispondere adeguatamente a questo tipo di richieste, vi sono sempre più figure professionali parallele (operanti solitamente nel privato) che cercano di riempire i vuori lasciati dal SSN e, talora, alcune di queste figure hanno davvero ben poco di “professionale”.

E così, in aggiunta alle varie associazioni e gruppi di pazienti/genitori che da anni cercano di proporre una valida alternativa ai servizi, in supporto a questi pazienti, gli anni della pandemia hanno visto il fiorire di una moltitudine di coach specializzatisi nel supporto e nella riabilitazione di pazienti affetti da questo tipo di disturbi.

Questo florilegio si è verificato non soltanto in Italia ma più o meno in tutti i paesi del mondo occidentale (Stati Uniti, Gran Bretagna, Francia, Germania, Australia, etc.) che sono i più affetti dal proliferare dei DCA. In Italia purtroppo se ne parla ancora poco o nulla. Vero, la pandemia ha visto esplodere il fenomeno del coaching online in genere. Dai Coach finanziari, a quelli del fitness, da quelli di coppia, a quelli del wellness, sembra vi sia una coorte di personaggi in grado di soddisfare bisogni di qualsiasi tipo. Purtroppo, molti di questi “specialisti” nell’altrui problem-solving non sempre sono in possesso dei titoli o delle qualifiche più adeguate al ruolo che impersonano e molte (troppe) persone in difficoltà finiscono per affidarsi a costoro prima ancora di verificarle.

Ma dove si trovano questo tipo di Coach? La maggior parte di loro pubblicizza la propria attività tramite i social media (Instagram, FB, Pinterest e TikTok innanzitutto). Il processo di selezione dei pazienti (prevalentemente di sesso femminile) si basa su una serie di questionari da compilarsi online che indagano il peso e il tipo di richiesta dei pazienti. La promessa è tipicamente quella di liberarsi dai sintomi del disturbo recuperando il peso desiderato (dal paziente; non necessariamente quello ideale), il risultato è garantito e i titoli formativi del coach vengono solitamente esagerati al fine di attrarre clienti. Il prezzo richiesto può andare da qualche centinaio a qualche migliaio di euro, pagati solitamente attraverso canali difficilmente tracciabili.

Negli ultimi tre anni mi è capitato di incontrare otto pazienti che erano rimasti vittime di questo tipo di pratiche scorrette. In quattro di questi casi, erano addirittura evidenti reati che andavano dalla tentata violenza carnale alla circonvenzione di incapace. Sicuramente – diranno i lettori – quando ciò accade la colpa è da imputarsi tanto alla vittima quanto all’impostore ma in realtà sono da considerarsi complici anche molte piattaforme social che fingono di ignorare cosa accade tra le loro pagine web.

Inoltre, la legislazione che riguarda il coaching / counselling (sia in Italia che nel resto dei paesi occidentali), è gravemente carente al punto che, se digitate “come diventare coach” sui motori di ricerca scoprirete una quantità di corsi che promettono di mettervi in grado di diventare coach certificati, indipendentemente dalle vostre competenze di partenza. Evidentemente si tratta di un mercato ricco di richieste e questo dà l’idea delle dimensioni del problema.

Come proteggersi? Innanzitutto diffidando dalle offerte di aiuto non richieste, specie se queste provengono da piattaforme social (indipendentemente dal fatto che si tratti di persone dello stesso sesso, piuttosto che di persone di sesso opposto). Se si decide di richiedere aiuto è fondamentale verificare i titori del counsellor (consiglio di evitare direttamente coloro che si autoproclamano coach). Si tratta di un laureato/a in medicina o psicologia? Può dimostrare il possesso di una specializzazione in psicoterapia e/o nel trattamento di disturbi del comportamento alimentare? Da quanto tempo opera sul mercato? E’ iscritto ad un albo professionale? Possiede una partita IVA o lavora per un presidio sanitario specialistico? E infine il pagamento; evitiamo le ricariche telefoniche, quelle su carte prepagate (tipo Mooney, etc.) e tutti i cosiddetti pagamenti non tracciabili. E, quando in dubbio, chiedete consiglio a qualcuno più esperto di voi. Oppure al vostro medico di fiducia.

Trovare persone competenti da cui farsi aiutare non è difficile. Il problema consiste nell’avere il coraggio di farlo e nel non farsi abbindolare dai falsi esperti.

 

Prevenire è meglio che curare

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Qual’è il motivo per cui i disturbi del comportamento alimentare aumentano sempre più – anzichè diminuire – con il passare del tempo? Una delle ragioni, al di là dell’incremento progressivo del peso della popolazione e dell’aumento dell’insoddisfazione per le proprie forme corporee da parte dei giovani, è la cronica carenza di interventi di prevenzione finalizzati alla presa di coscienza dei fattori predisponenti, scatenanti e di mantenimento di questo tipo di problematiche.

Ma, come e dove andrebbero implementati questo tipo di interventi, è materia di discussione tra gli esperti in materia da molti anni. Risultato; ciascuno cerca di cavarsela come meglio può, dalle associazioni, alle strutture scolastiche, alle Aziende USL, è tutto un fiorire di idee che spesso non vengono tradotte in pratica a causa della mancanza di mezzi e, sopratutto, di strumenti adeguati.

Proprio per questo motivo negli ultimi anni abbiamo lavorato intensamente alla produzione di modelli formativi e informativi destinati alla prevenzione primaria selettiva dei DCA, ovvero agli interventi da mettersi in atto nelle popolazioni a rischio in cui ancora non siano stati diagnosticati disturbi specifici ma in cui sia già possibile identificare dei possibili fattori predisponenti.

Probabilmente il più completo e maneggevole tra questo tipo di strumenti è stato il libro “Sotto il Segno Della Bilancia”, pubblicato dall’editore La Spiga nel 2018. La scelta di un editore di testi scolastici per questo tipo di prodotto non è stata casuale. Il testo, destinato agli alunni delle scuole secondarie di primo grado, è realizzato come un manuale di prevenzione dei disturbi del comportamento alimentare “chiavi in mano”. Contiene infatti un racconto che introduce i giovani lettori ad una serie di approfondimenti, attività didattiche e percorsi di lettura, da svolgersi con il supporto degli insegnanti, finalizzate all’apprendimento dei concetti di base sul peso salutare, l’immagine corporea, il rapporto con lo specchio, etc.

Si tratta di un testo che, per la prima volta in Italia, offre agli insegnanti uno strumento efficace e facile da usarsi per cercare di intervenire su uno dei problemi più diffusi nella fascia di età compresa tra i dieci e i diciotto anni; l’insoddisfazione per il corpo e l’aspetto fisico da cui derivano i disturbi del comportamento alimentare.

Il libro è stato adottato in questi anni da numerosi comprensori scolastici e le richieste di corsi di formazione per insegnanti continuano ad arrivare nonostante siano trascorsi ormai cinque anni dalla sua pubblicazione. Segno questo della validità del progetto e dell’utilità di questo tipo di interventi nelle scuole. Ciò nonostante, stiamo tuttora lavorando a un nuovo progetto che prevede il coinvolgimento degli allievi delle scuole primarie. Troppo ambizioso? Chissà, noi ci proviamo…

Come utilizzare il cibo per curare la mente

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Ha importanza ciò che mangiamo per l’equilibrio psichico? Se dobbiamo credere a tutti gli studi che hanno indagato questo argomento, la risposta è: assolutamente sì!

Sebbene i fattori che influiscono sulla salute mentale siano complessi (pensate all’importanza della genetica, dell’attaccamento alle figure di riferimento, dell’evoluzione psicosessuale o dell’educazione), prove crescenti indicano una forte associazione tra una dieta povera di determinati nutrienti e lo scatenarsi – o l’aggravarsi – di disturbi dell’umore, della personalità, d’ansia, o di altre patologie neuropsichiatriche.

Anche se è vero che gli attuali studi epidemiologici sull’associazione tra nutrizione e salute mentale non permettono ancora di avere informazioni precise sui nessi di causalità o sui meccanismi conseguenti a tali deficit, ciò nonostante molti dati sono ormai incontestabili. Vi è una quantità di oligoelementi, micronutrienti e macronutrienti la cui introduzione nel corpo è fondamentale per il mantenimento delle funzioni della mente,

Volete qualche esempio? La presenza di litio nella dieta (o la sua supplementazioni a dosi subterapeutiche) diminuisce i livelli di aggressività degli individui e migliora gli effetti di qualsiasi integratore che moduli l’umore (quale, ad esempio, l’iperico). Gli acidi grassi Omega-3 sono considerati attualmente l’unica terapia scientificamente dimostrata per il trattamento del disturbo borderline di personalità (in aggiunta alla psicoterapia DBT). Prescrivere un farmaco SSRI (che inibisce la ricaptazione della serotonina nel cervello) a una paziente denutrita non serve a granchè se non si somministra contemporaneamente L-Triptofano dalla cui presenza dipende la sintesi della serotonina. Potrei citarvi ancora la Vitamina D, lo zinco, oppure diversi supplementi quali la rhodiola, il ginkgo, o la solfoadenosilmetionina.

Questi sono soltanto alcuni degli esempi dell’importanza che i nutrienti rivestono per l’equilibrio psichico. Tutte le volte che è presente uno stato di malnutrizione – sia essa in eccesso, piuttosto che in difetto – vi è una elevata probabilità che si manifestino deficit nell’assunzione di una o più sostanze necessarie all’adeguato nutrimento del cervello da cui dipende l’efficienza della mente. In questi casi, vediamo chiaramente come alcuni semplici componenti della dieta possano avere un vero e proprio effetto nutraceutico. Ecco perchè da qualche anno a questa parte si è iniziato a parlare di Psichiatria Nutrizionale.

Anche per quanto riguarda la salute mentale dobbiamo pertanto convenire con l’ormai celebre motto di Ludwig Feuerbach sul fatto che “l’uomo è ciò che mangia”, e viceversa. Se si vogliono migliorare le proprie condizioni spirituali, come pure gli effetti di qualsivoglia terapia psichiatrica o di qualsiasi psicoterapia è fondamentale assicurarsi di fornire al proprio cervello una nutrizione adeguata.

In assenza di questa, è impossibile aspettarsi di ottenere le migliori prestazioni dal Sistema Nervoso, sia esso Centrale o Periferico. Non dimenticatelo! La conoscenza non può uccidere, l’ignoranza sì…