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Disturbi alimentari e ADHD: un’associazione complicata

L’associazione tra Disturbi alimentari e ADHD

associazione tra Disturbi alimentari e ADHDImage ©: Geralt

Sapevi che i disturbi alimentari possono associarsi a una ADHD? Se ti sei mai ritrovato a mangiare senza controllo, a sentirti in colpa subito dopo, o a passare ore e ore a pensare al cibo, al peso o al corpo, sappi che non sei solo. E se oltre a questo ti riconosci anche in una mente che salta da un pensiero all’altro, nella fatica a concentrarti, a stare fermo o a gestire le emozioni… beh, potresti trovarti nel mezzo di una combinazione più comune di quanto non si pensi: ADHD e disturbi alimentari.

Questa combinazione si chiama comorbidità – una parola complicata per dire che due difficoltà diverse possono convivere e influenzarsi a vicenda. E quando succede, può diventare davvero dura capire da dove iniziare per stare meglio.

Perché ADHD e disturbi alimentari si associano così spesso? L’ADHD (Disturbo da Deficit di Attenzione e Iperattività) non riguarda solo i bambini iperattivi ma anche gli adulti, spesso senza che nessuno lo abbia mai diagnosticato. Si manifesta con difficoltà a mantenere l’attenzione, gestire il tempo, organizzarsi, ma anche con emozioni intense e reazioni impulsive.

Ora pensa al cibo: è sempre lì, disponibile, veloce, capace di calmare, distrarre o dare una sensazione momentanea di piacere. Per chi ha l’ADHD, il cibo può diventare un modo per regolare emozioni difficili, noia, ansia, frustrazione o anche solo per sentirsi “a posto” per un attimo.

In particolare:

  • il binge eating (le abbuffate compulsive) è molto frequente in chi ha ADHD;
  • anche l’anoressia e la bulimia possono nascondere una fatica più profonda nel gestire emozioni e impulsi;
  • nelle donne, l’ADHD è spesso meno visibile e può essere mascherato da un forte controllo sul corpo e sull’alimentazione.

La buona notizia è che si può lavorare su entrambi, insieme. Forse ti è già capitato di iniziare un percorso per l’ADHD o per i disturbi alimentari, ma senza sentire un vero miglioramento. Questo accade quando si guarda solo a metà della storia (come accade nell’associazione tra autismo e disturbi alimentari).

Per stare davvero meglio, serve un approccio che tenga conto di entrambe le cose. Non è una questione di “etichetta”, ma di capire davvero come funzionano il tuo corpo e la tua mente.

Nel mio lavoro come psicoterapeuta, ho visto che:

  • quando si lavora solo sul cibo senza toccare l’ADHD, il miglioramento è spesso temporaneo;
  • quando si riconosce l’ADHD e si lavora anche su come ti fa vivere le emozioni, il tempo, il corpo e le relazioni, il percorso diventa più profondo e autentico;
  • non sei sbagliato: semplicemente, stai lottando con due difficoltà che si alimentano a vicenda.

Da dove partire? Ecco qualche spunto concreto:

  • Se ti riconosci in quello che hai letto, parlane con uno psicoterapeuta che conosca bene sia l’ADHD che i disturbi alimentari.
  • Scrivi nero su bianco i momenti in cui ti senti fuori controllo col cibo: cosa succede prima, cosa provi dopo?
  • Inizia ad osservare il tuo rapporto con il tempo, con l’attenzione, con il corpo. Non per giudicarti, ma per conoscerti davvero.

E ricorda: chiedere aiuto non significa essere deboli. Significa avere il coraggio di affrontare il proprio dolore in modo nuovo.

In conclusione, ADHD e disturbi alimentari possono essere associati ma non sono una condanna. Sono due modi in cui la tua mente cerca di sopravvivere a un mondo che forse non ti ha capito fino in fondo. Ma oggi puoi iniziare a riscrivere la tua storia – con più consapevolezza, più gentilezza, e finalmente con il supporto giusto.

disturbi alimentari

Un segreto per guarire dai disturbi alimentari

disturbi alimentariImage ©: Roszie

Quando è stata l’ultima volta che ti sei congratulata con te stessa? Pensaci un attimo: quante volte hai aspettato l’approvazione degli altri per sentirti soddisfatta? Quante volte hai nascosto la tua gioia per paura di sembrare presuntuosa? Quante volte hai abbassato il volume della tua felicità per non disturbare chi ti stava accanto? Ecco, è arrivato il momento di cambiare e guarire dai disturbi alimentari.

Imparare a congratularsi con se stessi è una delle forme più pure di autoguarigione dai disturbi alimentari. Quando sei tu la prima a emozionarti per i tuoi risultati, stai dicendo al tuo cuore: “Ti vedo. Riconosco quanto hai faticato. Sono fiera di te”. E questo vale per ogni conquista: una promozione, una scelta difficile presa con coraggio, un giorno in cui sei riuscita ad alzarti dal letto nonostante il peso sul petto.

Non servono medaglie o applausi. Basta uno sguardo sincero e la volontà di riconoscere il proprio valore. Perché la verità è semplice: se non sei tu la prima a credere in te stessa, chi dovrebbe farlo al posto tuo?

Se non celebri tu le tue vittorie, chi potrà mai farlo davvero nel modo giusto? Spesso abbiamo imparato a minimizzare i nostri successi, come se fossero banali o immeritati. Ma ogni passo avanti è una battaglia vinta contro il dubbio, la paura, la stanchezza. Ogni conquista è un segnale che stiamo andando nella direzione giusta. E se impariamo a riconoscerla, quella direzione diventerà più chiara, più forte, più luminosa.

Congratularsi con se stessi è anche un atto rivoluzionario in una società che ci spinge a guardare sempre fuori, a confrontarci, a rincorrere standard esterni. Tu non sei una copia sbiadita di qualcun altro. Sei un essere unico, con il tuo ritmo, i tuoi sogni, le tue ferite e le tue rinascite. Ed è proprio da lì che parte la vera forza: dal riconoscersi, dall’accogliersi, dal valorizzarsi.

Quindi sì, la prossima volta che raggiungi qualcosa – anche se sembra piccola agli occhi del mondo – festeggia. Con un sorriso, con un pensiero, con un gesto che ti dica “ce l’hai fatta”. Non aspettare l’approvazione degli altri per sentirti legittimata a essere fiera di te.

Impara ad applaudire te stessa. Perché ogni applauso interiore è un punto in più sulla strada della guarigione dai disturbi alimentari. E tu, te lo meriti davvero.

La sindrome da rialimentazione

Image ©: GI Society

La sindrome da rialimentazione (refeeding syndrome per gli autori anglosassoni) rappresenta la complicazione più grave – talvolta mortale – che può verificarsi durante la rialimentazione di pazienti gravemente malnutriti (o che digiunano da almeno 7-10 giorni) e il cui metabolismo si è ormai adattato all’utilizzo degli acidi grassi e dei corpi chetonici per la produzione di energia.

Questo problema riguarda molti tipi di malattie – tra le quali anche l’Anoressia Nervosa (AN) – allorchè i pazienti vengono ricoverati in ospedale in stato di grave sottopeso e sottoposti ad un programma di nutrizione intensiva troppo aggressivo. Il disturbo insorge solitamente entro i primi due o tre giorni della rialimentazione e consegue a una serie di anomalie metaboliche che derivano dalle alterazioni idro-elettrolitiche scatenate dall’aumento di nutrienti assorbiti dalle cellule del paziente (grazie alla rinnovata stimolazione insulinica) le quali richiamano al loro interno una serie di minerali sottraendoli al circolo sanguigno.

Queste alterazioni, che coinvolgono i livelli sierici di fosfati, magnesio e potassio, scatenano anomalie a livello neurologico, cardiovascolare, polmonare, neuromuscolare ed ematologico talmente gravi che, se non viene riconosciuta e adeguatamente trattata nel più breve tempo possibile, la sindrome da rialimentazione può portare alla morte del paziente.

La terapia è innanzitutto preventiva, e consiste nell’aumentare progressivamente il carico calorico e nutrizionale nel corso della rialimentazione, misurando continuamente i livelli plasmatici di glicemia, trigliceridi, elettroliti e bicarbonati e supplementando il paziente con complessi vitaminici e minerali. A partire dal settimo giorno di rialimentazione il rischio di sviluppare una sindrome da rialimentazione si abbassa repentinamente fino ad azzerarsi.

Questo è il motivo per cui, quando una paziente con grave stato di denutrizione viene ricoverata in ospedale, nel corso delle prime settimane di degenza viene solitamente accolta in un reparto di medicina o di nutrizione clinica anzichè in psichiatria. E questo è anche il motivo per cui, quando è presente una grave malnutrizione la rialimentazione andrebbe sempre condotta in ambiente ospedaliero.

I Disturbi Alimentari nel DSM-5-TR

Image ©: ABit

L’American Psychiatric Association (APA) ha recentemente revisionato la quinta edizione del Diagnostic and Statistical Manual of Mental Disorders (DSM-5-TR), frutto di un lungo processo di revisione. Il DSM-5, pubblicato nel 2013, aveva introdotto numerose nuove diagnosi suscitando per questo anche numerose polemiche. Alcune di queste novità riguardavano anche i DCA.

Il gruppo di studio che aveva sviluppato i nuovi criteri DSM-5 si era posto come obiettivo principale quello di minimizzare l’uso della diagnosi “disturbo dell’alimentazione non altrimenti specificato (NAS)” sostituendola con diagnosi più precise.

I principali cambiamenti consistono nell’aver raggruppato in un’unica categoria diagnostica, chiamata disturbi della nutrizione e dell’alimentazione, i disturbi della nutrizione caratteristici dell’infanzia e i disturbi dell’alimentazione, dando una nuova definizione dei disturbi della nutrizione e dell’alimentazione, con l’inclusione di nuove categorie diagnostiche e la modifica dei criteri diagnostici.

Definizione

Il DSM-5-TR definisce i disturbi della nutrizione e dell’alimentazione: “I disturbi della nutrizione e dell’alimentazione sono caratterizzati da un persistente disturbo dell’alimentazione o di comportamenti collegati con l’alimentazione che determinano un alterato consumo o assorbimento di cibo e che danneggiano significativamente la salute fisica o il funzionamento psicosociale”. Vediamoli in maggiore dettaglio

Categorie diagnostiche

Il DSM-5-TR include le seguenti categorie diagnostiche

  1. Pica
  2. Disturbo di ruminazione
  3. Disturbo da evitamento/restrizione dell’assunzione di cibo
  4. Anoressia nervosa
  5. Bulimia nervosa
  6. Disturbo da alimentazione incontrollata
  7. Disturbo della nutrizione o dell’alimentazione con specificazione
  8. Disturbo della nutrizione o dell’alimentazione senza specificazione

Pica

La caratteristica essenziale del cosiddetto pica è l’ingerire uno o più sostanze non nutritive e non alimentari per un periodo di almeno un mese. L’ingestione di sostanze non nutritive e non alimentari deve essere inappropriata rispetto al livello di sviluppo dell’individuo e non deve fare parte di una pratica culturalmente sancita. Se il comportamento alimentare si manifesta nel contesto di un altro disturbo mentale o condizione medica, si pone diagnosi di pica solo se l’ingestione di sostanze non nutritive e non alimentari sufficientemente grave da giustificare un’attenzione clinica aggiuntiva.

I criteri diagnostici DSM-5-TR del pica sono i seguenti:

  1. Persistente ingestione di sostanze senza contenuto alimentare, non commestibili per un periodo di almeno 1 mese.
  2. L’ingestione di sostanze senza contenuto alimentare, non commestibili è inappropriata rispetto allo stadio di sviluppo dell’individuo.
  3. Il comportamento di ingestione non fa parte di una pratica culturalmente sancita o socialmente normata.
  4. Se il comportamento di ingestione si manifesta nel contesto di un altro disturbo mentale (per es., disabilità intellettiva – disturbo dello sviluppo intellettivo – disturbo dello spettro dell’autismo, schizofrenia) o di un’altra condizione medica è sufficientemente grave da giustificare ulteriore attenzione clinica.

Disturbo di ruminazione

Il disturbo di ruminazione consiste nel rigurgito di cibo, che può essere rimasticato, deglutito nuovamente o sputato, per almeno 1 mese, che il rigurgito non sia attribuibile a una condizione gastrointestinale associata o ad altra condizione medica, che non si manifesti durante il decorso di altri disturbi della nutrizione e dell’alimentazione e che se i sintomi si manifestano nel contesto di un altro disturbo mentale essi devono essere sufficientemente gravi da giustificare un’attenzione clinica aggiuntiva.

I criteri diagnostici DSM-5-TR del disturbo di ruminazione sono i seguenti:

  1. Ripetuto rigurgito di cibo per un periodo di almeno 1 mese. Il cibo rigurgitato può essere rimasticato, ringoiato o sputato.
  2. Il rigurgito ripetuto non è attribuibile a una condizione gastrointestinale associata o a un’altra condizione medica (per es., reflusso gastroesofageo, stenosi del piloro)
  3. Il disturbo dell’alimentazione non si manifesta esclusivamente durante il decorso di anoressia nervosa, bulimia nervosa, disturbo da binge-eating o disturbo evitante/restrittivo dell’assunzione di cibo.
  4. Se i sintomi si manifestano nel contesto di un altro disturbo mentale (per es., disabilità intellettiva – disturbo dello sviluppo intellettivo – o altro disturbo del neurosviluppo) sono sufficientemente gravi da giustificare ulteriore attenzione clinica.

Disturbo evitante/restrittivo dell’assunzione di cibo

Il disturbo evitante/restrittivo dell’assunzione di cibo si caratterizza per l’evitamento o la restrizione dell’assunzione di cibo per tre motivi principali: 1) apparente mancanza d’interesse per il mangiare o il cibo; 2) evitamento basato sulle caratteristiche sensoriali del cibo; 3) preoccupazioni per le conseguenze avversive del mangiare. Questo può portare a una o più delle seguenti conseguenze: 1) perdita di peso significativa (o fallimento di raggiungere l’aumento di peso atteso o inadeguata crescita nei bambini); 2) deficit nutrizionale significativo; 3) funzionamento dipendente dalla nutrizione enterale o dai supplementi orali; 4) marcata interferenza con il funzionamento psicosociale. Non è presente la preoccupazione per il peso e la forma del corpo né deve manifestarsi durante il decorso dell’anoressia nervosa e della bulimia nervosa. Infine, il disturbo non è dovuto a una mancanza nella disponibilità di cibo o a un’altra malattia medica o mentale.

I criteri diagnostici DSM-5-TR del disturbo da evitamento/restrizione dell’assunzione di cibo sono i seguenti:

  1. Un disturbo dell’alimentazione o della nutrizione (per es., apparente mancanza d’interesse per il mangiare o per il cibo; evitamento basato sulle caratteristiche sensoriali del cibo; preoccupazioni relativa alle conseguenze negative del mangiare) che si manifesta attraverso la persistente incapacità di soddisfare le necessità nutrizionali e/o energetiche appropriate, associato a uno (o più) dei seguenti aspetti:
  2. Significativa perdita di peso (o mancato raggiungimento dell’aumento ponderale atteso oppure una crescita discontinua nei bambini).
  3. Significativo deficit nutrizionale.
  4. Dipendenza dalla nutrizione parenterale o dai supplementi nutrizionali orali.
  5. Marcata interferenza con il funzionamento psicosociale.
  6. Il disturbo non è meglio spiegato da una mancata disponibilità di cibo o da una pratica associata culturalmente sancita.
  7. Il disturbo dell’alimentazione non si manifesta esclusivamente durante il decorso dell’anoressia nervosa o della bulimia nervosa e non vi è alcuna evidenza di un disturbo nel modo in cui vengono vissuti il peso o la forma del proprio corpo.
  8. Il disturbo dell’alimentazione non è attribuibile a una condizione medica concomitante e non può essere spiegato da un altro disturbo mentale. Quando il disturbo dell’alimentazione si verifica nel contesto di un’altra condizione o disturbo la gravità del disturbo dell’alimentazione eccede quella abitualmente associata alla condizione o il disturbo e giustifica ulteriore attenzione clinica.

 Anoressia nervosa

Il DSM-5-TR ha introdotto due cambiamenti importanti nei criteri diagnostici dell’anoressia nervosa. Il primo è l’abolizione del criterio amenorrea. Il secondo riguarda il cambiamento del criterio che richiedeva un peso persistentemente al di sotto del 85% del peso atteso e l’aggiunta del concetto di un comportamento persistente che interferisce con l’aumento di peso, anche in presenza di un peso significativamente basso. Infine, sono stati introdotti dei criteri per valutare il livello di gravità attuale sulla base del BMI/IMC.

I criteri diagnostici DSM-5-TR dell’anoressia nervosa sono i seguenti:

  1. Restrizione dell’assunzione di calorie in relazione alle necessità, che porta a un peso corporeo significativamente basso nel contesto di età, sesso, traiettoria di sviluppo e salute fisica. Il peso corporeo significativamente basso è definito come un peso inferiore al minimo normale oppure, per bambini e adolescenti, meno di quello minimo atteso.
  2. Intensa paura di aumentare di peso o di diventare grassi, oppure un comportamento persistente che interferisce con l’aumento di peso, anche se significativamente basso.
  3. Alterazione del modo in cui viene vissuto dall’individuo il peso o la forma del proprio corpo, eccessiva influenza del peso o della forma del corpo sui livelli di autostima, oppure persistente mancanza di riconoscimento della gravità dell’attuale condizione di sottopeso.

Tipo con restrizioni: Durante gli ultimi 3 mesi, l’individuo non ha presentato ricorrenti episodi di abbuffate o condotte di eliminazione (per es., vomito autoindotto o uso inappropriato di lassativi, diuretici o enteroclismi). In questo sottotipo la perdita di peso è ottenuta principalmente attraverso la dieta, il digiuno e/o l’attività fisica eccessiva.

Tipo con abbuffate/condotte di eliminazione: Durante gli ultimi 3 mesi, l’individuo ha presentato ricorrenti episodi di abbuffata o condotte di eliminazione (cioè, vomito autoindotto o uso inappropriato di lassativi, diuretici o enteroclismi).

Livello di gravità attuale

  • Lieve: Indice di massa corporea ≥ 17 kg/m2
  • Moderato: Indice di massa corporea 16-16,99 kg/m2
  • Grave: Indice di massa corporea 15-15,99 kg/m2
  • Estremo: Indice di massa corporea < 15 kg/m2

Bulimia nervosa

Il DSM-5-TR ha mantenuto gli stessi criteri diagnostici del DSM-IV con l’eccezione del criterio che riguarda la frequenza e durata delle abbuffate. Adesso è richiesto che le abbuffate e le condotte compensatorie inappropriate si verifichino entrambe in media almeno una volta alla settimana per 3 mesi bulimia nervosa, mentre nel DSM-IV si dovevano verificare almeno due volte la settimana per tre mesi. Inoltre, come per l’anoressia nervosa sono stati introdotti dei criteri per valutare il livello di gravità attuale sulla base del numero di episodi di condotte compensatorie per settimana.

I criteri diagnostici DSM-5-TR della bulimia nervosa sono i seguenti:

  1. Ricorrenti episodi di abbuffata. Un episodio di abbuffata è caratterizzato da entrambi i seguenti aspetti :
    1. Mangiare, in un determinato periodo di tempo (per es., un periodo di due ore), una quantità di cibo significativamente maggiore di quella che la maggior parte degli individui mangerebbe nello stesso tempo e in circostanze simili.
    2. Sensazione di perdere il controllo durante l’episodio (per es., sensazione di non riuscire a smettere di mangiare o a controllare cosa o quanto si sta mangiando).
  2. Ricorrenti ed inappropriate condotte compensatorie per prevenire l’aumento di peso, come vomito autoindotto, abuso di lassativi, diuretici o altri farmaci, digiuno o attività fisica eccessiva.
  3. Le abbuffate e le condotte compensatorie inappropriate si verificano entrambe in media almeno una volta alla settimana per 3 mesi.
  4. I livelli di autostima sono indebitamente influenzati dalla forma e dal peso del corpo.
  5. L’alterazione non si manifesta esclusivamente nel corso di episodi di anoressia nervosa.

Livello di gravità attuale

  • Lieve: Una media di 1-3 episodi di condotte compensatorie inappropriate per settimana.
  • Moderato: Una media di 4-7 episodi di condotte compensatorie inappropriate per settimana.
  • Grave: Una media di 8-13 episodi di condotte compensatorie inappropriate per settimana.
  • Estremo: Una media di 14 o più episodi di condotte compensatorie inappropriate per settimana.

Disturbo da binge-eating (disturbo da alimentazione incontrollata)

Il disturbo da binge-eating è stato incluso nel DSM-5-TR come categoria distinta di disturbo dell’alimentazione mantenendo i criteri diagnostici simili a quelli del DSM-IV con l’eccezione del criterio  che riguarda la frequenza e la durata delle abbuffate. Nel DSM-5-TR, infatti, abbuffate si devono verificare, in media, almeno una volta alla settimana per 3 mesi, mentre nel DSM-IV si dovevano verificare almeno due giorni la settimana per 6 mesi. Inoltre, come per l’anoressia nervosa e la bulimia nervosa sono stati introdotti dei criteri per valutare il livello di gravità attuale sulla base del numero di episodi di abbuffate per settimana.

I criteri diagnostici DSM-5-TR del disturbo da binge-etaing sono i seguenti:

  1. Ricorrenti episodi di abbuffate. Un episodio di abbuffata è caratterizzato da entrambi gli aspetti seguenti:
    1. Mangiare, in un periodo definito di tempo (per es., un periodo di due ore) una quantità di cibo significativamente maggiore di quella che la maggior parte degli individui mangerebbe nello stesso tempo ed in circostanze simili.
    2. Sensazione di perdere il controllo durante l’episodio (per es., sensazione di non riuscire a smettere di mangiare o a controllare cosa o quanto si sta mangiando).
  2. Gli episodi di abbuffata sono associati a tre (o più) dei seguenti aspetti:
    1. Mangiare molto più rapidamente del normale.
    2. Mangiare fino a sentirsi spiacevolmente pieni.
    3. Mangiare grandi quantità di cibo anche se non ci si sente fisicamente affamati.
    4. Mangiare da soli perché a causa dell’imbarazzo per quanto si sta mangiando.
    5. Sentirsi disgustati verso se stessi, depressi o assai in colpa dopo l’episodio.
  3. È presente un marcato disagio riguardo alle abbuffate.
  4. L’abbuffata si verifica, in media, almeno una volta alla settimana per 3 mesi.
  5. L’abbuffata non è associata alla messa in atto sistematica di condotte compensatorie inappropriate come nella bulimia nervosa, e non si verifica esclusivamente in corso di bulimia nervosa o anoressia nervosa.

Livello di gravità attuale

  • Lieve: Da 1 a 3 episodi di abbuffata a settimana.
  • Moderato: Da 4 a 7 episodi di abbuffata a settimana.
  • Grave: Da 8 a 13 episodi di abbuffata a settimana.
  • Estremo: 14 o più episodi di abbuffata a settimana

Disturbo della nutrizione o dell’alimentazione con altra specificazione

Questa categoria si applica a presentazioni in cui i sintomi caratteristici di un disturbo della nutrizione e dell’alimentazione che causano un significativo disagio o un danno nel funzionamento sociale, occupazionale o in altre importanti aree predominano ma non soddisfano i criteri pieni per qualsiasi dei disturbi della classe diagnostica dei disturbi della nutrizione e dell’alimentazione.

La categoria disturbo della nutrizione o dell’alimentazione con altra specificazione si applica a situazioni in cui il clinico sceglie di comunicare le ragioni specifiche per cui la presentazione non soddisfa i criteri per qualsiasi specifico disturbo della nutrizione e dell’alimentazione. Questo è fatto registrando “disturbo della nutrizione e dell’alimentazione con altra specificazione” seguito dalla ragione specifica (per es., “bulimia nervosa a bassa frequenza”)

  1. Anoressia nervosa atipica. Sono soddisfatti tutti criteri per l’anoressia nervosa, salvo che nonostante una significativa perdita di peso, il peso dell’individuo è all’interno o al di sopra del range di normalità.
  2. Bulimia nervosa (a bassa frequenza e/o di durata limitata). Sono soddisfatti tutti criteri per la bulimia nervosa, salvo che le abbuffate e le condotte compensatorie inappropriate si verificano, mediamente, meno di una volta alla settimana e/o per meno di 3 mesi.
  3. Disturbo da binge-eating (a bassa frequenza e/o di durata limitata). Sono soddisfatti tutti criteri per il disturbo da binge-eating, salvo che le abbuffate si verificano, mediamente, meno di una volta alla settimana e/o per meno di 3 mesi.
  4. Disturbo da condotta di eliminazione. Ricorrenti condotte di eliminazione per influenzare il peso o la forma del corpo (per es. vomito autoindotto, uso improprio di lassativi, diuretici o altri farmaci) in assenza di abbuffate.
  5. Sindrome da alimentazione notturna. Ricorrenti episodi di alimentazione notturna, che si manifestano mangiando dopo il risveglio dal sonno oppure l’eccessivo consumo di cibo dopo il pasto serale. Vi solo consapevolezza e ricordo di aver mangiato. L’alimentazione notturna non è meglio spiegata da influenze esterne come la modificazione del ciclo sonno-veglia dell’individuo oppure da norme sociali locali. L’alimentazione notturna causa un significativo disagio e/o compromissione del funzionamento. I pattern di alimentazione disordinata non sono meglio spiegati dal disturbo da binge-eating o da un altro disturbo mentale, compreso l’uso di sostanze, e non sono attribuibili a un altro disturbo medico oppure all’effetto di farmaci.

Disturbo della nutrizione o dell’alimentazione senza altra specificazione

Questa categoria si applica a presentazioni in cui i sintomi caratteristici di un disturbo della nutrizione e dell’alimentazione che causano un significativo disagio clinico o un danno nel funzionamento sociale, occupazionale o in altre importanti aree predominano, ma non sono soddisfatti i criteri pieni per qualsiasi dei disturbi nella classe diagnostica dei disturbi della nutrizione e dell’alimentazione.

La categoria disturbo della nutrizione o dell’alimentazione con altra specificazione è usata in situazioni in cui il clinico sceglie di non specificare il motivo per cui i criteri non sono soddisfatti per uno specifico disturbo della nutrizione e dell’alimentazione, e include presentazioni in cui ci sono insufficienti informazioni per fare una diagnosi più specifica (per es. in un setting di pronto soccorso).