Contiene tutti i post che riguardano l’obesità

Ridefinire l’obesità

Image ©: The Lancet

Per molti anni si è ritenuto che il modo migliore per diagnosticare l’obesità fosse la misura del BMI (Indice di Massa Corporea), in quanto considerato un metodo  semplice ed economico. Si tratta di una misura sulla quale siamo sempre stati abbastanza critici, per lo meno per quanto riguarda le obesità di grado lieve o medio (quelle che nel nostro paese rappresentano la quota più diffusa negli individui affetti da questa problematica).

Abbiamo più volte sostenuto che la semplice misura del BMI non permette di valutare adeguatamente lo stato di salute di una persona e che pertanto il fatto di basarsi soltanto su questo dato poteva portare a errori diagnostici, sia di sottostima che di sovrastima della gravità del problema.Si pensi a individui dotati di elevate masse magre che possono falsare in eccesso la misura del BMI. O, viceversa, a individui che hanno un BMI relativamente basso ma che presentano una quota elevata di grasso viscerale.

Oggi, finalmente, qualcuno ci dà ragione. In un articolo uscito questo mese, la commissione per lo studio dell’Endocrinologia e del Diabete della rivista The Lancet ha proposto che, al di là della misura del BMI, la diagnosi di obesità debba essere confermata dalla contemporanea misurazione della circonferenza vita, o dal rapporto vita/fianchi, o vita/altezza. In alternativa si consiglial’esecuzione di una DEXA al fine di avere una misurazione più attendibile del livello di grasso corporeo.

In questo modo, finalmente, si è deciso che la diagnosui deve basarsi sulla quantità di grasso effettivamente presente nel corpo dell’individuo (in particolare a livello viscerale) anzichè su una generica misurazione della massa corporea. La commissione ha inoltre suggerito due nuove categorie di obesità, basate su misure oggettive di malattia ottenute mediante questi metodi.

La prima categoria è chiamata “obesità clinica”, per le persone che hanno già una malattia cronica associata all’obesità. E la seconda categoria è chiamata “obesità preclinica” e significherebbe che una persona ha rischi elevati di sviluppare una condizione di salute a causa del suo livello di grasso corporeo. Due modifiche che faranno la differenza soprattutto in termini di prevenzione delle complcanze.

A proposito di farmaci miracolosi e obesità

Image ©: UCLAHealth

Negli ultimi anni, il trattamento farmacologico dell’obesità ha registrato notevoli progressi grazie all’introduzione di nuovi farmaci in grado di favorire una perdita di peso significativa. Questi medicinali rappresentano una risorsa importante per coloro che faticano a ottenere risultati duraturi attraverso interventi sullo stile di vita, come dieta e attività fisica. Tuttavia, l’uso dei farmaci per l’obesità solleva interrogativi critici che meritano una riflessione approfondita.

Tra i farmaci attualmente approvati, quelli a base di agonisti del GLP-1, come semaglutide e liraglutide, hanno dimostrato di essere particolarmente efficaci nel ridurre il peso corporeo, migliorando anche parametri metabolici come il controllo glicemico. Questi farmaci, inizialmente sviluppati per il trattamento del diabete di tipo 2, agiscono riducendo l’appetito e promuovendo un senso di sazietà prolungato. Tuttavia, il loro utilizzo esteso ha evidenziato alcuni aspetti problematici, tra cui costi elevati, effetti collaterali e la necessità di un trattamento continuativo per mantenere i risultati.

Un problema rilevante riguarda anche la selezione dei pazienti. I farmaci per l’obesità sono generalmente indicati per persone con un indice di massa corporea (BMI) superiore a 30, o superiore a 27 quando sono presenti comorbilità come diabete o ipertensione. Tuttavia, la definizione di questi criteri è oggetto di dibattito. Alcuni esperti sostengono che tali soglie possano portare a una medicalizzazione eccessiva del sovrappeso, mentre altri ritengono che l’accesso ai farmaci debba essere ampliato per prevenire le complicanze legate all’obesità.

Secondo noi, c’è il rischio che i farmaci vengano percepiti come una soluzione rapida e facile, scoraggiando i pazienti dall’adottare cambiamenti sostenibili nello stile di vita. Questo è un punto critico, poiché i farmaci non possono sostituire l’importanza di un’alimentazione equilibrata e di un regolare esercizio fisico. Al contrario, dovrebbero essere considerati un supporto aggiuntivo, da integrare in un programma terapeutico più ampio e personalizzato.

Un altro aspetto controverso riguarda il monitoraggio a lungo termine degli effetti di questi farmaci. Sebbene gli studi clinici abbiano dimostrato la loro sicurezza ed efficacia a breve e medio termine, mancano dati sufficienti sull’uso prolungato. Ciò solleva interrogativi sulle possibili conseguenze per la salute, specialmente considerando che l’obesità è una condizione cronica che spesso richiede interventi continuativi.

Sul piano economico, il costo elevato dei farmaci per l’obesità rappresenta una barriera significativa, limitandone l’accessibilità per molte persone. In alcuni paesi, questi medicinali non sono coperti dai sistemi sanitari pubblici, rendendo il trattamento inaccessibile per chi non può permetterselo. Questo pone una questione etica riguardo all’equità nell’accesso alle cure e alla prevenzione delle malattie legate all’obesità.

Infine, è fondamentale considerare l’impatto psicologico dell’uso dei farmaci per l’obesità. Alcuni pazienti possono sviluppare una dipendenza psicologica da questi trattamenti, temendo di riprendere peso una volta interrotti. Questo sottolinea l’importanza di un supporto psicologico integrato nel percorso terapeutico.

Sicuramente i farmaci per l’obesità rappresentano un importante passo avanti nella gestione di una condizione complessa e multifattoriale, tuttavia, la loro prescrizione dovrebbe essere attentamente valutata, tenendo conto dei benefici, dei rischi e delle implicazioni economiche e psicologiche. Un approccio equilibrato e personalizzato, che combini farmacologia, modifiche dello stile di vita e supporto multidisciplinare, è essenziale per garantire risultati sostenibili e migliorare la qualità di vita dei pazienti.

 

Terapia personalizzata dell’obesità

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Facendo seguito al post sui fenotipi dell’obesità, vediamo come utilizzare tale teoria a fini terapeutici.
1. I pazienti con un cervello affamato (che presentano cioè una sazietà anormale), e che necessitano di più calorie a ogni pasto per raggiungere la sazietà, possono trarre il massimo beneficio dalla limitazione della frequenza dei pasti (as es. Digiuno Intermittente) e dalla diminuzione della loro densità energetica per ridurre l’apporto calorico. Una dieta ipocalorica ricca in fibre alimentari alternata a un protocollo di IF è associata a un miglioramento della sensazione di appetito, a una maggiore sazietà e a una compliance più prolungata.
2. I pazienti con un intestino affamato (sazietà normale associata a svuotamento gastrico accelerato), a causa di concentrazioni postprandiali più basse di GLP-1, possono trarre beneficio da una dieta ad alto contenuto proteico con precarichi proteici per migliorare il GLP-1. Le diete ad alto contenuto proteico hanno determinato una perdita di peso e un miglioramento della sazietà anche con un follow-up a lungo termine. Inoltre, è stato dimostrato che i precarichi proteici rallentano lo svuotamento gastrico in partecipanti sani e in pazienti con diabete di tipo 2 con concentrazioni di GLP-1 postprandiali più elevate. Questi sono anche i pazienti nei quali gli analoghi del GLP-1 hanno dimostrato la maggiore efficacia.
3. I pazienti con il fenotipo della fame emotiva possono trarre i maggiori benefici da un intervento psicoterapeutico comportamentale strutturato per la definizione degli obiettivi, l’automonitoraggio e il controllo degli stimoli. Inoltre, è stato dimostrato che gli approcci basati sulla mindfulness riducono l’alimentazione emotiva e aiutano ad aumentare l’autoconsapevolezza.
4. Un basso dispendio energetico facilita l’aumento di peso promuovendo un bilancio energetico positivo. La riduzione del tasso metabolico sarebbe l’aspetto critico da affrontare nei soggetti “a combustione lenta”. È stata riscontrata un’eccellente relazione dose-risposta tra l’allenamento di resistenza e l’ipertrofia muscolare. Inoltre, in questi casi si è visto che diete a basso contenuto di carboidrati e ad alto contenuto proteico hanno migliorato la forza e le dimensioni dei muscoli aumentando il dispendio energetico. Laddove sia presente una malattia metabolica, la terapia di quest‘ultima diviene ovviamente prioritaria.
Questo almeno è cio che si può dire per certo – ad oggi – sulla base dei dati disponibili.

Gli obesi non sono tutti uguali

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Vi siete mai chiesti come mai vi siano così tanti fallimenti terapeutici nella terapia dell’obesità? Il motivo è presto detto; gli obesi non sono tutti uguali. Quando si parla di obesità infatti, se ne possono distinguere almeno quattro tipi diversi che hanno cause diverse e che necessitano pertanto di trattamenti individualizzati. In questo post cercherò di spiegarveli.
1. L’obesità che dipende da un cervello affamato origina dal fatto che l’individuo non riesce a percepire i segnali della sazietà continuando a ingurgitare cibo senza sentirsi pieno. Questo tipo di problema deriva solitamente da un profilo genetico che presenta alterazioni dei geni che controllano gli ormoni della sazietà. In questi casi il paziente vi dice che per quanto mangi gli sembra di non sentirsi mai sazio.
2. L’obesità che dipende da un apparato gastrointestinale affamato deriva dal fatto che l’individuo riesce apparentemente a saziarsi e a terminare il pasto ma poi, dopo poco tempo, ricomincia a provare la sensazione di fame e ricomincia a mangiare, come se lo stomaco si svuotasse in maniera eccessivamente rapida. Questo tipo di problema dipende dal profilo ormonale digestivo e può dipendere da una combinazione di fattori genetici e comportamentali. In questi casi il paziente vi dice che quando mangia si sazia ma che, dopo un po’, gli ritorna la fame.
3. L’obesità che dipende dal mangiare emozionale deriva dal fatto che l’individuo utilizza il cibo come se fosse uno psicofarmaco per gestire emozioni disturbanti. Questo tipo di problema dipende da una errata abitudine acquisita solitamente in tenera età ma possono essere presenti anche profili genetici specifici che paiono predisporre a tale condizione. In questi casi il paziente vi dice che tende a mangiare quando è teso, depresso, ansioso o arrabbiato.
4. L’obesità che dipende da un metabolismo rallentato deriva dal fatto che l’individuo presenta una scarsa massa muscolare o è affetto da anomalie metaboliche di diverso tipo (ad es. diabete o sindrome metabolica, etc.) che rendono il suo metabolismo più lento compromettendo il dispendio energetico. Questo tipo di problema dipende solitamente dagli esiti di un errato stile di vita o dall’utilizzo di alcuni farmaci ma, nei casi a insorgenza giovanile, possono essere implicati specifici profili genetici. In questi casi il paziente vi dice che, per quanto mangi poco, sembra che qualsiasi cosa mangi lo faccia ingrassare.
Da questa suddivisione dovrebbe essere molto chiara la differenza che esiste tra i diversi fenotipi patologici e il tipo di terapie da attuarsi in ciascuno di questi.
Non occorre essere dei maghi per trattare con successo questi pazienti, l’importante è fare una valutazione adeguata del loro fenotipo fin dal primo consulto.
Va da sé che nei casi più avanzati diviene possibile anche una sovrapposizione tra alcuni di questi quadri e questo complica sia la diagnosi che le terapie. Ecco perché il miglior trattamento dell’obesità è sempre quello precoce.
Un’ultima precisazione. Dato che ho citato più volte l’influenza della genetica, ricordo a tutti che quando si parla di geni ci si riferisce sempre a un concetto di predisposizione e non di predestinazione.
Anche nei casi in cui è presente una genetica sfavorevole è importante concentrare le terapie sul tipo di problema sottostante, al di là della predisposizione in sé. La cosa importante da ricordare per quanto riguarda il profilo genetico dell’obeso è che alcuni nuovi farmaci (come la semaglutide) funzionano quasi esclusivamente per determinati profili e non per altri.

Dimagrire per sempre

Image©: Leanbody.com

Avere un corpo magro, asciutto e muscoloso non è solo una questione di estetica, è una questione di salute. E il bello è che non è nemmeno un risultato difficile da ottenersi.

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Donna Donna

Photo©: Nadia Accetti

Si chiama Nadia Accetti ed è una giovane attrice romana.

Insieme ad alcune amiche del mondo dello spettacolo ha fondato una associazione senza fini di lucro destinata alla valorizzazione delle forme femminili mediterranee.

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Chi vuole andare in televisione?

Photo©: Laura Marella-RAI

No, non all’Isola dei Famosi. Ma in televisione per parlare della propria malattia.

Ho ricevuto poco fa una richiesta dalla redazione della trasmissione televisiva Sabato & Domenica (RAI-DUE) con cui ho collaborato in passato e che giro a tutti voi.

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Insegniamo ai nostri bambini come mangiare

Graphics©: INFES

Dopo i numeri deprimenti dello studio “OKkio alla Salute“, finalmente una buona notizia: fare qualcosa si può o, per lo meno, ci si può provare.

Bastano un pò di buona volontà e qualche strumento adeguato; come il libretto inviatoci dagli amici dell’Associazione INFES di Bolzano.

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Obesità infantile: è emergenza in meridione

Photo©: Mcnellmj

Arancini, burrate, panzerotti, pastiere, cannoli, cassatelle. Inebrianti per il gusto, un pò meno per la linea visto che circa il 17% dei bambini campani, calabresi, molisani e siciliani risulta obeso, mentre quasi il il 25% è in sovrappeso.

Complessivamente, dunque, oltre il 4o% dei bambini provenienti da queste regioni presenta un eccesso ponderale che comprende sia sovrappeso che obesità.

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Curarsi con gli autoritratti

Photo©: Anna Fabroni

“…La mia esperienza con l’autoritratto è nata per caso, almeno apparentemente.

Lavoravo come modella, ed ero abituata ad essere ritratta e a guardarmi attraverso gli occhi di altri.

Foto volutamente perfette, dove il corpo doveva evocare l’idea del bello e suscitare il desiderio di avere un certo abito o una certa macchina, doveva vendere cioè una suggestione.

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